ANCHE IL DOLORE

A proposito del mio ultimo post, sullo stare nel qui e ora. Dice ancora Etty Hillesum, che mi è accanto in questi giorni: “E’ questione di vivere la vita di minuto in minuto e, per di più, accollarsi la sofferenza. E non è certo un piccolo di più in questi giorni” (i giorni sono quelli del luglio 1942, ed Etty è una ragazza ebrea).

Stare nel presente con consapevolezza, voglio dire questo, non è semplice e puro godimento, non è solo beatitudine, secondo una versione semplificata e un po’ edonista: nell’eternità di ciò che è nel momento in cui lo vivo c’è tutto. Anche il dolore. Ma insieme al resto. Un male, quindi, che non è mai assoluto.

QUASI SANTI

Se imparassimo che la vita non ha inizio -è cominciata, a un certo punto, e non è più finita- e quindi non ha fine, e noi siamo parte di questo tutto che fluisce, ne siamo manifestazioni temporaneamente individuate, e il tempo -quindi la fine- riguarda solo i fenomeni che siamo e non questo tutto; e se non permettessimo al pensiero del futuro di sbranare il presente, lasciando che il qui e ora si dilati, sottratto alla tirannica illusione del tempo, fino a somigliare all’eternità di cui è intessuto. Se noi imparassimo queste due cose e le tenessimo entrambe sempre ben presenti, con l’aiuto di quotidiane pratiche di consapevolezza, le nostre vite ne sarebbero drammaticamente mutate, e con esse il mondo. Ma si deve essere quasi santi per arrivare a questo punto, e la santità non è troppo up-to-date.